Terzo giorno. Visioni dalle rive e dalle acque.


Il Museo d'Orsay nasce nel 1898, per l'esposizione universale del 14 luglio 1900. Viene riciclato poi come stazione ferroviaria, finché, per il traffico che si modernizza a passi da gigante, le banchine diventano troppo corte. Durante la seconda guerra mondiale diventa un centro di spedizione per i pacchi dei prigionieri, e un punto di accoglienza alla Liberazione. Fa da scenario a diversi film. Nel 1986 trova uno suo ruolo definitivo come museo, dopo la ristrutturazione ad opera di Gae Aulenti. 

E qui breve digressione: possibile che in Europa, ovunque, troviamo la mano e la testa di grandissimi architetti e artisti italiani, e che solo in Italia siano così rari la visione e il coraggio di utilizzare queste menti per costruire cose soprendenti?
Fine della digressione. 

Il museo è splendido, e si passeggia tra opere di cui non si fa che parlare dall'infanzia, che si vedono centinaia di volte in riproduzioni, poster, pubblicità, e quasi sembrano perdere la loro patina di genio, salvo quando poi li vedi dal vivo, con calma e capisci. Questi artisti, al loro tempo, hanno rotto completamente con le accademie neoclassiche nelle quali avevano studiato, per una sperimentazione mai tentata nella storia dell'arte: il passaggio dall'oggetto rappresentato al modo di rappresentarlo, la fuga dagli studi al chiuso per osservare come funzioni, che la luce colpisce le cose e manda al cervello un mondo di colori, che questo ricostruisce in forme distinte che si modificano nelle ore del giorno e nelle stagioni. 
E poi i post impressionisti, le scelte di Van Gogh, che nelle opere ci mette addirittura i propri stati d'animo, a costo di deformare la realtà, o le ricerche sulla consistenza geometrica di Cezanne, che anticipa il cubismo, o il puntinismo di Seurat, che devi guardare alla giusta distanza per un'omogenea integrazione di forme e colori, un po' come nella vita. 

Colazione al baracchino fuori dal museo e passeggiata per i giardini delle Tuileries, lungo le rive della Senna, fino alla ex serra delle arance che è diventato ora il museo de l'Orangerie, accanto a place de la Concorde, dove furono ghigliottinati i regnanti di Francia. 
L'Orangerie contiene otto murales di Manet, donati dall'artista nel 1822; non potrà però assistere all'inaugurazione nel 1827, morirà pochi mesi prima. 
E poi contiene la collezione Walter e Guillaume, acquisita nel 1959. Questa collezione ha origine da Guillaume, un operaio di officina estremamente interessato all'arte, che pensa nel 1911 di organizzare una mostra di maschere africane proprio all'interno del suo posto di lavoro. Attira l'attenzione del grande Apollinaire, che lo introduce subito nel vivo mondo dell'arte parigina. In breve tempo diventa titolare di una delle più rinomate gallerie d'arte. Alla sua morte, la moglie prosegue l'attività, ma con una spiccata preferenza per l'arte impressionista e sul classicismo moderno. Si sbarazza dunque dei pezzi più avanguardisti raccolti dal marito. La collezione sarà donata al museo. Si possono ammirare diverse opere di Derain, esponente di spicco del Fauvismo, movimento di breve durata, nei primi anni del Novecento, che rielaborò il post impressionismo separando il colore dal suo tradizionale scopo descrittivo, e mettendolo al servizio della coerenza interna dell'opera, nella ricerca dell'immediatezza e della semplificazione. 

Dopo un pranzo veloce, evitando lle manifestazioni agguerrite per lo sciopero per le pensioni del giovedì, siamo giunti ai piedi della torre Eiffel: è sempre suggestivo, come appaia all'improvviso, dietro un palazzo, quasi minacciosa nel verde della primavera incipiente. Da lì partono molte delle crociere sulla Senna. Abbiamo potuto constatare in viaggi precedenti come sia utile far tesoro della visione dall'acqua delle città che lo permettono. Regala scorci, seppure ormai anch'essi brulicanti di turisti, che lo sguardo dalla terraferma non garantisce. Aiuta a conoscere le origini di un posto, lo sviluppo, le scelte dei popoli nella storia, a ribaltar proporzioni e, mantenendo una certa concentrazione, dona una evanescente sensazione di far parte di quel mondo. Forse perché facciamo parte del mondo tutti insieme. Al fine di mantenere la concentrazione di cui dicevo, consiglio di liberarsi quanto prima della guida messa a disposizione in auricolare dalla società delle crociere, che è stata pensata come un imbarazzante dialogo tra la personificazione di Parigi e della Senna, come uomo e donna, in una sorta di imbarazzante porno soft. Probabilmente non forniscono gli auricolari, chiedendo di portare i propri, per evitare che li si lancino nel fiume in un sussulto di dignità.

Ultima passeggiata, prima di riparare in casa i nostri piedi devastati. 


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