Terzo giorno. Vagare nel tempo.

Dopo una giornata consacrata agli dei e un’altra dedicata ai santi, l’ideale è unire le due vocazioni visitando una basilica che ancora lascia apparire le forme della sua funzione in epoca romana, la basilica SANTA MARIA DEGLI ANGELI E DEI MARTIRI.

Sorta per volontà di un sacerdote siciliano, nato nel 1491, che, a seguito del ritrovamento di un antico dipinto dei Sette principi degli Angeli, ritrovamento corredato una visione, tra le rovine delle terme di Traiano, dei sette martiri, diede il tormento a diversi Pontefici per ottenere la consacrazione della chiesa preesistente ai martiri e agli angeli, arrivando perfino a presentarsi giornalmente con un dipinto, copia di un mosaico di San Marco, collocarlo davanti a sé, dire messa e togliersi di mezzo solo a sera inoltrata, sotto le minacce dei nipoti del Papa, che preferivano utilizzare il luogo come maneggio. Nel 1561 una bolla di Papa Pio IV ordinò che le terme venissero trasformate in chiesa da Michelangelo, che realizzò un’opera rispettosa della struttura romana, che lasciava invariati diversi spazi. Nel ‘700 però arrivò Luigi Vanvitelli, che snaturò il progetto originario rendendo la basilica come la vediamo ora. La chiesa contiene alcuni dipinti troppo grandi per trovare posto a San Pietro, nonché un organo moderno con 5400 canne, introdotto a molestare una cappella laterale. I portali della chiesa sono opera di uno scultore moderno, Igor Mitoraj, e una cupola di vetro copre ora l’antico foro in cima al tepidarium, regalando giochi di luce. Tre lenti focalizzano i raggi solari deviandoli in modo che il sole avanzi sul pavimento creando la sensazione del movimento della terra nello spazio. Negli equinozi e nei solstizi il sole raggiunge il centro del pavimento. Infine, nel transetto è collocata una raffinatissima meridiana, commissionata per il Giubileo del 1700 al fine di stabilire univocamente la collocazione della Pasqua e utilizzata come orologio solare fino al 1846. Attorno, dei riquadri in marmo, sottratto a monumenti romani, rappresentano le costellazioni.

Dopo una svagata passeggiata, nel tardo pomeriggio e una mostra temporanea al Vittoriano, ci siamo goduti uno spettacolo a teatro, ripensando con divertimento all’origine tutta romana dell’espressione “fare il portoghese” per qualificare chi tenta di entrare gratis da qualche parte. Nel XVIII secolo l’ambasciata portoghese organizzava molti spettacoli al teatro Argentina, a cui la comunità portoghese a Roma poteva assistere gratuitamente. Naturalmente ogni romano che volesse entrare senza pagare si definiva portoghese, con un perfetto accento da fado. 

Doverosa la passeggiata serale a PIAZZA NAVONA.

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